Franco Ambrosetti e Danilo Rea hanno recentemente dato vita a un quartetto e a questo più intimistico duo, in entrambi i casi rivolgendosi alle loro comuni esperienze per crearne il repertorio. Tutti e due infatti, jazzisti di prim’ordine, hanno familiarità e una lunga consuetudine con i vertici della musica pop italiana (non a caso si sono conosciuti in occasione di un’incisione al servizio di Mina). La scaletta del duo si muove appunto all’interno di queste coordinate musicali, tra Stati Uniti e Italia, con l’aggiunta di qualche brano brasiliano.
Franco Ambrosetti (Lugano, 1941) è da quasi sessant’anni sulla cresta del jazz europeo, sempre con l’attenzione ben focalizzata sull’eredità statunitense di questa musica, a partire dalla sua lunga militanza al fianco dei grandi afroamericani: Dexter Gordon, Cannonball Adderley, Joe Henderson, Ron Carter, Kenny Barron… Del resto i modelli sui quali sembra essersi plasmata l’eloquenza di Ambrosetti (Freddie Hubbard e Clifford Brown) vengono da questa scuola, anche se in anni recenti il trombettista svizzero si è concesso molte ‘scappatelle’ al di fuori dei territori del mainstream, indirizzandosi verso un’espressività più moderna.
Con Danilo Rea il pianoforte jazz raggiunge vette di inaudito lirismo. Nato a Vicenza (nel 1957) è però cresciuto a Roma, sulla cui scena jazzistica ha esordito assai presto, creando nel 1975 il Trio di Roma (con Enzo Pietropaoli e Roberto Gatto). Con questa formazione e, successivamente, con i Doctor 3 (con Pietropaoli e Fabrizio Sferra), Rea ha stabilito la norma del piano trio jazzistico all’italiana. Nella carriera di Rea risaltano anche notevoli collaborazioni internazionali (davvero speciali quelle con Chet Baker, Lee Konitz, Steve Grossman, Bob Berg, Phil Woods, Michael Brecker, Joe Lovano, Gato Barbieri…), nonché un’attività d’alto livello nel pop italiano. Pianista prediletto da Mina, Claudio Baglioni e Pino Daniele, Rea ha collaborato anche con Domenico Modugno, Fiorella Mannoia, Riccardo Cocciante, Renato Zero, Gianni Morandi, Adriano Celentano. Ha contribuito inoltre alla ‘svolta jazz’ di Gino Paoli.
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