La crisi energetica ha fatto crescere i prezzi dell’elettricità più velocemente in Italia rispetto agli altri maggiori paesi europei, portando ai massimi storici lo spread del prezzo pagato dalle micro e piccole imprese italiane, mettendo sotto stress la competitività del primo paese europeo manifatturiero per occupati in imprese fino a 50 addetti.
L’analisi dei dati Eurostat rielaborata da Lapam Confartigianato sui prezzi del mercato non domestico evidenzia che al secondo semestre 2022 il prezzo dell’energia elettrica al netto dell’Iva supera del 47,5% la media dell’Eurozona, divario più che doppio rispetto quello dello stesso semestre dell’anno precedente (19,9%). Se valutiamo la dinamica rispetto al 2019, anno di benchmark precedente al triennio che comprende pandemia e crisi energetica, nel secondo semestre 2022 i prezzi dell’elettricità per le MPI sono saliti del 72,4% in Italia a fronte del +51,6% in Eurozona.
«Non possiamo che essere preoccupati – afferma Gilberto Luppi, presidente Lapam Confartigianato – dato che le micro e piccole imprese rappresentano il tessuto imprenditoriale locale e trainano l’economia del territorio. Questi dati impongono una riflessione sull’urgenza di una riforma strutturale del finanziamento degli oneri generali del sistema elettrico che li rimuova dalle bollette elettriche per evitare che il finanziamento delle energie rinnovabili e adesso dell’autoconsumo ricada sulle piccole imprese. A giugno 2023 in Italia i prezzi al consumo di elettricità rimangono del 90% superiore alla media del 2019, un divario che è più che dimezzato in Eurozona, che si colloca al 42,4%. Non possono essere sempre le piccole aziende a pagare il prezzo più alto, ora abbiamo davvero bisogno di riforme urgenti».