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Operazione “Perceverance” contro la ‘ndrangheta emiliana: ieri condannati 22 imputati

Operazione “Perceverance” contro la ‘ndrangheta emiliana: ieri condannati 22 imputatiNella giornata di ieri il G.U.P. presso il Tribunale di Bologna Dott. Claudio Paris ha condannato 22 imputati che, nell’ambito dell’operazione Perseverance, avevano scelto di essere giudicati con rito abbreviato; i 22 condannati di ieri vanno ad aggiungersi ai 14 imputati che hanno definito la propria posizione con patteggiamenti ratificati dal Tribunale con altrettante condanne disposte con sentenza emessa sempre nella giornata di ieri.

L’operazione Perseverance, coordinata dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, Procuratore della Repubblica dott. Giuseppe Amato e dott.ssa Ronchi Beatrice, è scaturita dalla fusione di due filoni investigativi curati dalla Polizia di Stato – Questura di Reggio Emilia – e dall’Arma dei Carabinieri  – Comando Provinciale di Modena – e che avevano documentato, quale anello di congiunzione, la figura di Giuseppe Sarcone Grande (condannato ieri alla pena di 18 anni di reclusione), ritenuto elemento di spicco del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano.

Lo scorso marzo ed ottobre 2021, l’operazione Perseverance aveva portato all’arresto per i reati di cui all’art. 416 bis c.p. e per tentata estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosi, diversi esponenti della consorteria di ‘Ndrangheta emiliana, sodali rimasti in libertà dopo l’esecuzione delle note Operazioni AEMILIA e GRIMILDE e finiti sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti, anche per la tentata estorsione di un’ingente somma di denaro (quantificata nel dialoghi captati in oltre 2 milioni di euro). L’indagine aveva anche consentito di rinvenire e sottoporre a sequestro un’arma comune da sparo con matricola abrasa illegalmente detenuta. I committenti della estorsione, due coniugi modenesi, sono stati condannati, ieri, alla pena di 8 anni di reclusione.

Inoltre, l’Operazione Perseverance ha ricostruito: l’azione imprenditoriale mafiosa dal 2000 in poi; diverse ipotesi di fittizia intestazione di beni e di quote societarie; articolate operazioni di falsa fatturazione; condotte di falsa testimonianza commesse nel corso del maxi processo AEMILIA di primo grado, per favorire gli imputati di quel dibattimento.

Oltre alle pene detentive, il Tribunale ha disposto la confisca di oltre due milioni di euro quale profitto dell’attività di emissione di fatture per operazioni inesistenti, di 14 società, due immobili (uno ubicato a Reggio Emilia ed uno a Cutro) e di un’autovettura.