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Detenuti per reati sessuali e maltrattamenti, a Modena sottoscritto un protocollo per il recupero psicologico e sociale

Detenuti per reati sessuali e maltrattamenti, a Modena sottoscritto un protocollo per il recupero psicologico e socialeÈ stato sottoscritto tra Azienda USL di Modena e la Casa Circondariale di Modena un Protocollo di Trattamento Psicoterapeutico e Psico-educativo rivolto alle persone detenute: un percorso di recupero psicologico e sociale per gli autori di reati a sfondo sessuale, maltrattamenti di genere e stalking, con l’obiettivo di prevenire in futuro ulteriori comportamenti violenti e, più in generale, una modalità di intervento per favorire un potenziale cambiamento nelle persone, sia uomini che donne.

Il documento, frutto di un lavoro approfondito iniziato alcuni anni, fa definisce un progetto di intervento che prevede sia colloqui individuali che di gruppo. Il modello di trattamento applicato fa tesoro e applica in un contesto specifico l’esperienza del Centro LDV (Liberiamoci dalla Violenza) dell’Ausl di Modena che dal 2011, utilizzando l’approccio metodologico adottato dal Centro norvegese ATV di Oslo, il primo del suo genere in Europa che prende in carico autori di violenze. Il progetto permetterà una programmazione di trattamento delle persone detenute rivolto alla loro riabilitazione sociale, alla riduzione del rischio di ricaduta criminale e, in particolare, alla tutela della società. Intervenire ai fini riabilitativi, infatti, può ridurre il rischio che vi siano nuove vittime del medesimo reato e, al contempo, favorire la presa in carico della persona in un momento esistenziale particolare come il periodo carcerario, per avviare un percorso di possibile cambiamento e dare alla pena anche un valore terapeutico.

 

Presa in carico e accesso

Il percorso riabilitativo prevede la presenza e l’intervento di un’equipe di operatori dell’area socio-sanitaria opportunamente formati. Il lavoro di recupero, svolto presso la Casa Circondariale di Modena, inizia con una fase di selezione e valutazione preliminare degli utenti, sia uomini che donne, autori di reati a sfondo sessuale o di maltrattamenti legati al genere, frutto del confronto con gli educatori dell’istituto penitenziario. Le persone individuate dall’equipe di osservazione e trattamento del carcere vengono segnalate allo psicologo Ausl, formato e competente sul tema, per la presa in carico. Nell’individuazione del caso vengono tenuti in considerazione tre fattori: ammissione o parziale ammissione del reato commesso, riconoscimento delle proprie responsabilità e fragilità, disponibilità di partecipare ad un percorso di trattamento psicoterapeutico/psico-educativo. Tra i criteri di inclusione c’è, in particolare, la presenza di una condanna definitiva rispetto ai resti sessuali e/o maltrattamento di genere e la sufficiente conoscenza della lingua italiana parlata e scritta.

 

Percorso terapeutico e metodologia

Dopo la selezione e l’adesione della persona detenuta, segue il trattamento vero e proprio che consiste sia in una psicoterapia individuale con lo psicologo, sia in una psicoterapia di gruppo in co-partecipazione con altre figure sanitarie.

Il trattamento psicoterapeutico prevede in media un percorso di un anno con colloqui clinici sia individuali che di gruppo. Negli incontri individuali vi sarà la possibilità di lavorare su aspetti più personali che riguardano il proprio vissuto in riferimento al reato commesso. Il trattamento di gruppo, invece, si pone come obiettivo, attraverso il confronto con altri detenuti, quello di far acquisire maggior consapevolezza sui reati commessi attraverso tematiche specifiche come prevenzione della recidiva, stili di attaccamento, genitorialità, riconoscimento del concetto di violenza, acquisizione di nuove strategie di coping e gestione dello stress, acquisizione di nuove modalità comunicative più funzionali dei propri bisogni.

La conclusione del trattamento prevede l’invio della persona, in sinergia con l’equipe del carcere, ove possibile, ai servizi sanitari di residenza, per la continuità del trattamento, o in caso di fruizione di misura alternativa alla pena o una volta scarcerato.

 

“Il Protocollo sottoscritto con l’Azienda USL di Modena si colloca nel solco di una consolidata collaborazione istituzionale volta sinergicamente alla cura e al trattamento delle persone detenute – afferma Anna Albano, Direttore reggente della Casa Circondariale di Modena -.  In particolare il trattamento riabilitativo nei confronti di soggetti maltrattanti e autori di reati a sfondo sessuale risponde ad una emergenza sociale che vede un significativo aumento percentuale dei ristretti per tale tipologia di reati. Il progetto ideato ed elaborato nel corso di alcuni anni è l’espressione corale di un gruppo di lavoro di professionisti sanitari e penitenziari che operano all’interno dell’Istituto modenese che ospita un centinaio di detenuti potenzialmente interessati da questo percorso di consapevolezza e potenziale cambiamento. Strategica, ai fini della prevenzione sociale e della tutela delle vittime, la previsione di invio ai servizi sanitari territoriali dell’autore di reati nei casi di dimissione dal carcere”.

“La sessualità è la dimensione più intima e privata della persona: la sua violazione implica un’offesa alla dignità e alla libertà umana – dichiara Paolo De Pascalis, psicologo e psicoterapeuta del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’Azienda USL di Modena -. Personalmente penso che non si possa raggiungere una soluzione efficace se al carcere non viene affiancato un percorso di trattamento, nello specifico psicoterapeutico, che aiuti e sostenga chi non deve mai più offendere il corpo di una donna, di un uomo o di un bambino. Sottolineo, per evitare fraintendimenti, che il recupero degli autori non deve sostituire la pena ma è assolutamente doveroso che la società civile offra loro la possibilità di tornare ad essere persone inoffensive per sé stessi e per le persone che incroceranno nella loro vita”.